Il marketing capovolto

Ho il piacere di ospitare un articolo molto interessante di Massimo Di Filippo fondatore di IPR feedback società che realizza, da oltre un quarto di secolo, servizi di marketing (www.iprfeedback.it)

Una gran quantità di piccole imprese produttive e di servizi sta avendo enormi difficoltà nello sviluppo e nel mantenimento di una adeguata rete di vendita. Procacciarsi un procacciatore di affari è diventato progressivamente più complicato, assicurarsi che l’agente agisca lo è ancora di più.

Un mestiere, quello del venditore, poco ambito e considerato da chi lo interpreta, molto spesso, un ripiego temporaneo. Certamente questo rappresenta un problema per molte aziende in cui sempre più spesso l’amministratore racconta di avere ripreso la valigetta ed essersi rimesso in giro per clienti, al fine di rianimare esangui fatturati.

Diversi i fattori che hanno contribuito alla distruzione di questa figura professionale, compreso il degrado delle modalità di interlocuzione. Un commerciale che si presenta in azienda, anche con un appuntamento preso e confermato, viene considerato spesso invisibile. Le sale di attesa sono diventate  luoghi di lavoro tra tablet e pc, poiche i commerciali sanno che dovranno armarsi di molta pazienza e usare una silenziosa fisicità per farsi notare in qualche modo.

Questo aspetto, unito all’incertezza dei ricavi, ha contribuito a renderlo un lavoro usurante, con tassi di abbandono altissimo.

Eppure un investimento reale da parte delle aziende, in supporto e strumentazione per la rete vendita, assume dimensioni sempre estremamente limitate, quasi che il venditore debba essere continuamente forgiato dalle difficoltà del suo lavoro.

Un collaboratore guardato con sospetto, sempre con il dubbio che possa fare gli interessi del cliente, e come tale sottoposto a continui report, non sempre utili. Il terminale delle frustrazioni della direzione, quello che deve pagare quando i risultati non arrivano, da colpevolizzare per il mancato raggiungimento degli obiettivi.

Perché lo schema canonico del marketing è quello che partendo da obiettivi, definisce strategie, struttura politiche commerciali e trasferisce tutto sulle azioni di marketing. Quando i conti non tornano si ha difficoltà a ricordarsi che forse gli obiettivi, definiti 14 mesi prima, non erano precisi, che le strategie e le politiche forse non erano adeguate. Ci si ricorda solo che il venditore non ha venduto abbastanza.

Capovolgere il marketing significa partire dalle azioni di vendita; attuare un profondo cambiamento culturale; mettere al centro il processo di vendita e coccolare il venditore come se fosse un cliente; fornirgli servizio e supporto, aiutarlo a fare crescere le relazioni in quantità e qualità. Significa utilizzare la vendita come momento di acquisizione di informazioni di natura strategica e strutturare un sistema di tracciamento delle relazioni che consenta all’azienda di non subire crolli quando un venditore lascia, costringendo poi la direzione a cercare malamente di surrogarlo.

Significa utilizzare i moderni strumenti tecnologici come i CRM (Customer Relationship Management) non come strumento di controllo ma come elemento di supporto e di servizio.

Vuol dire convocare i venditori per chiedere loro non solo risultati, ma anche informazioni e suggerimenti sull’offerta aziendale, implica il considerare gli sforzi di vendita come il più potente dei sistemi informativi.

Gestire un commerciale con la paura costante che possa abbandonare o tradire vuol dire attivare una profezia autoavverante e non investire in una crescita di lungo periodo.

Puntare sul venditore significa puntare su un marketing  di relazione piuttosto che su un marketing transazionale, legato alle vendite.

E dare fiducia restituisce fiducia ad una figura troppo spesso vista come nemico da entrambi i fronti.

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Fondatore di Per Formare - Agenzia per il lavoro e la formazione. Da pedagogista del lavoro interviene come facilitatore del cambiamento che caratterizza il mondo del lavoro nelle sue forme, paradigmi, contenuti, significati, valori e su come è in grado di influenzare e modificare le scelte, le progettualità, il carattere e l’identità delle persone che vi agiscono. Imprenditore per curiosità e non per caso. A 27 anni ha costituito insieme a due amici universitari la sua prima attività d’impresa.

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