Professioni – La Veterinaria Comportamentalista

Un paio di settimane fa Il Sole 24 Ore ha pubblicato la classifica delle migliori Università italiane (statali e private) ottenuta analizzando diversi indicatori legati soprattutto alla didattica e all’investimento nella ricerca sostenuto da ogni ateneo. Attrattiva, sostenibilità, qualità degli stage, mobilità internazionale, borse di studio e occupazione solo per citare alcuni degli indicatori utilizzati. I risultati sono consultabili sul sito del Sole 24 Ore.

Prendendo spunto da questi dati ho pensato di proporre un’intervista a professionisti laureati in materie diverse e presso diversi atenei per capire fino a che punto il percorso intrapreso anni fa si sia poi rivelato la scelta vincente.

Oggi intervisterò la Dott.ssa Greta Berteselli, Medico Veterinario, PhD Specialista in Etologia Applicata e Benessere degli Animali d’Affezione. (pagina Facebook: Diario di una veterinaria comportamentalista – per bene)

Cosa l’ha spinta a scegliere questa professione?

La passione e l’amore per gli animali mi ha fatto scegliere la facoltà di medicina veterinaria e poi durante il corso di studi mi sono appassionata all’etologia e al comportamento animale.

Quali studi ha dovuto intraprendere?

Oltre alla laurea in medicina veterinaria, ho frequentato una scuola di specializzazione in etologia applicata e benessere animale della durata di tre anni che mi ha dato il titolo di veterinaria specialista. Solo questo tipo di scuola permette di avere e soprattutto usare tale titolo! In seguito, per mia passione ho preso anche un dottorato in etologia applicata che mi ha permesso di fare ricerca presso la facoltà di veterinaria di Milano e portare avanti molti progetti interessanti.

Ha avuto qualche figura di riferimento?

Non nello specifico. Avvicinandomi alla materia con il corso di studi e in particolare con la tesi ho iniziato a frequentare l’equipe di comportamento della mia facoltà e ho trovato molti stimoli che mi hanno fatto scegliere questa specializzazione.

Quando è davvero necessario rivolgersi a un veterinario comportamentalista?

Diciamo che ancor prima di prendere un cucciolo sarebbe opportuno confrontarsi con un veterinario comportamentalista per compiere la scelta migliore sul tipo di animale e razza più idonea alla famiglia e all’ambiente di vita, e per avere anche informazioni sulle esigenze etologiche dell’animale scelto. Comunque l’intervento di un medico veterinario comportamentalista è necessaria in corso di patologie comportamentali come per esempio ansia da separazione, aggressività, disturbi compulsivi o in tutte quelle situazioni in cui la gestione dell’animale è problematica.

Educazione cinofila: oggi se ne parla molto, sono tantissimi gli educatori, i dog trainer… ma è davvero così difficile essere buoni proprietari?

Il problema di base sta nel fatto che si tende a umanizzare l’animale interpretando così il suo comportamento in modo errato. Questo porta inevitabilmente a una incomunicabilità tra specie e a una rottura del rapporto uomo-animale. Il mancato rispetto delle esigenze etologiche animali porta a situazioni di stress e conflitto che spesso sfociano in disturbi comportamentali. Purtroppo come si evidenzia dalla domanda ci sono molte figure che ruotano attorno al comportamento animale e non sempre hanno le competenze e i titoli per occuparsene e per riconoscere la presenza di patologie comportamentali. Prima di rivolgersi a un veterinario comportamentalista il proprietario in molti casi ha già interpellato educatori o ha già messo in atto suggerimenti avuti da altri proprietari o trovati su internet. E spesso il fai da te peggiora la situazione!

Ci può raccontare brevemente una sua giornata tipo?

La giornata tipo dipende molto dalla necessità del cliente. Comunque consiste nel fissare una visita comportamentale presso una struttura veterinaria con cui si collabora o presso l’abitazione del proprietario stesso. La visita comportamentale ha una durata di circa due ore in cui si affronta la storia dell’animale, la sua gestione e la problematica comportamentale. Al termine si fa una diagnosi e si delinea una terapia comportamentale e farmacologica se necessaria. La terapia comportamentale deve tenere conto della situazione familiare e plasmarsi su eventuali esigenze. Non può essere una terapia standard. La terapia viene poi scritta e inviata al proprietario (via e-mail o via posta) in modo da renderla chiara e facilmente fruibile. A distanza periodica di circa un mese si valuta l’andamento della terapia ed eventualmente si effettua una seconda visita di controllo.

Quali difficoltà deve affrontare chi sceglie questa professione?

La principale difficoltà è affrontare la diffidenza, anche di una parte della medicina veterinaria stessa, verso questa disciplina che invece, in Paesi anglosassoni e negli Stati Uniti gode di un riconoscimento totale. Altra difficoltà, come già precedentemente sottolineato, è il gran numero di figure che gravano attorno al comportamento e alla medicina comportamentale. Purtroppo in Italia non c’è una chiara regolamentazione di tale professione. Questa situazione è deleteria anche dal punto di vista del riconoscimento professionale e del percorso di studio fatto in quanto altre figure, non sempre consone e non sempre in possesso dei titoli adeguati, occupano fette di mercato.

Che consiglio darebbe ad un giovane che volesse intraprendere questo percorso?

Il primo consiglio che darei è quello di scegliere accuratamente dove e come fare il percorso di studio. Purtroppo anche per questo aspetto ci sono molte offerte che variano non solo per la durata ma anche per la preparazione e la formazione. Consiglio sempre di far riferimento alle Università e alle facoltà di medicina veterinaria.

Se avesse la possibilità di tornare indietro nel tempo rifarebbe la stessa scelta?

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La Dott.ssa Berteselli insieme ad un equipe di veterinari mentre monitora i parametri vitali di un ghepardo in Sud Africa

Anche se a malincuore sinceramente in questo momento non la rifarei o comunque cercherei uno sbocco professionale all’estero dove la mia professionalità ha maggiori opportunità di lavoro.

Cosa si auspica per il futuro di questa professione?

Auspico che la medicina veterinaria comportamentale abbia in Italia il riconoscimento che si merita ed entri maggiormente nella routine della pratica veterinaria, come già sta avvenendo nella maggior parte degli altri Paesi. Infine, mi auguro che la mia professionalità e quella dei miei colleghi venga maggiormente tutelata e soprattutto che il medico veterinario comportamentalista diventi una chiara figura professionale sulla quale fare affidamento!

Grazie a tutti per l’attenzione, alla prossima intervista!

 

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39 anni (ancora per poco), laureata in Psicologia della Comunicazione e delle Organizzazioni, lavoro da dieci anni nelle Risorse Umane e nello specifico da sette nel Diversity Management. Grandissima appassionata di libri e cinema, amo viaggiare alla scoperta del mondo e fissare le mie emozioni attraverso la macchina fotografica. Per questo mi rispecchio nel motto della rivista Life: "Vedere il mondo, cose pericolose da raggiungere, guardare dietro i muri, trovarsi l'un l'altro e sentirsi. Questo è lo scopo della vita".

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