Si scrive smartworking, si traduce lavoro flessibile?

Parlare di smartworking ritengo, possa significare approcciare a questa epoca di discontinuità ed affrontarla in maniera adeguata con nuovi strumenti.25_smartw_cultura

Oltre che parlarne, ora, possiamo analizzare le esperienze fin qui maturare ed anche il legislatore sembra stia cercando di incidere, normando l’applicazione di una modalità d prestazione che ad oggi era stata gestita da accordi e prassi aziendali.  Un esempio su tutti; mentre fino a non molti anni fa si discuteva sull’opportunità di concedere la “connessione ad internet” durante l’orario di lavoro ora, in Francia, è stato introdotto il diritto alla disconnessione (ilsole24ore) e sembra che questa possa essere recepita anche nella normativa Italiana sul “lavoro agile”.

Una sottolineatura importante in quanto ritengo fondamentale evitare che  si intraprenda la strada della costrizione di uno strumento il quale non risponde ai paradigmi dell’attuale ordinamento italiano, in una norma che divenga un raccordo tra due sistemi che non collimano nel loro concetto di prestazione lavorativa. Ciò significherebbe concedere delle deroghe all’utilizzo di questo strumento, senza modificare il concetto del rapporto di lavoro e definendo così, non tanto un lavoro agile, ma quanto un LAVORO FLESSIBILE.

Di questo si è ampiamente discusso nel convegno organizzato da AIDP LazioSMARTWORKING, dalle esperienze concrete fino ad una nuova possibile visione del lavoro

La globalizzazione e il concetto di Industria 4.0 – connessione tra sistemi fisici e digitali, analisi complesse attraverso Big Data e adattamenti real-time -, necessitano di una modalità di prestazione lavorativa che faccia coesistere l’uomo e la macchina e possa coniugare il lavoro della persona e la tecnologia. Per questo motivo è necessario che l’ambito regolatorio dovrà innovare il concetto di rapporto di lavoro e non determinare, come efficacemente rappresentato dal’Avv. Ciro Cafiero, uno smartworking “all’italiana” molto più legato ai vincoli del lavoro subordinato come oggi è inteso.

Certo, la normativa è uno dei capisaldi per una corretta applicazione di questa innovativa modalità di prestazione (Un’Agile riflessione – SmartWorking)  ma il motore che deve muovere il tutto è qualcosa di più pervasivo che viene dal profondo dell’epoca che viviamo, dall’interno del nostro tessuto sociale. Riconsiderare i nostri valori, le nostre aspettative e fabbisogni.

Sicuramente la digital revolution sta spingendo le organizzazioni a necessarie ridefinizioni delle loro logiche di gestione del potere in quanto le strutture verticistiche risultano desuete rispetto le logiche “orizzontali” della tecnologia. Ed i Managers? Come reagiscono ad un sistema che non è più quello che sono abituati a gestire? Necessario è un cambio di cultura dei “Capi” che non avranno più il controllo dei collaboratori ma dovranno spingere l’acceleratore sulla delega, lavoro per obiettivi, senza dimenticare il coinvolgimento e il senso di appartenenza.

Mettere in discussione la mentalità a monte della leadership” è un interessante passaggio dell’intervento della Dott.ssa Elin Miroddi volto a sottolineare l’importanza di un cambiamento della cultura nel mondo del lavoro. Oltre ad una progettualità degli spazi, del benessere, le caratteristiche del “nuovo capo” saranno fiducia, coerenza e affidabilità, allontanandosi così dalle sole capacità razionali avvicinandosi altresì all’ambito dell’intelligenza emotiva.

Stiamo parlando di una nuova cultura dove il paradigma prestazione/presenza viene meno, non è più centrale dove e quando si lavora ma fondamentale è il risultato raggiunto, lavorando con flessibilità e dove la fiducia nel capo, nell’organizzazione (e viceversa nel lavoratore) è necessaria per una approccio collaborativo. Funzione fondante è la comunicazione in un ambito dove la responsabilità e la delega dovranno essere sviluppate al massimo.

Ma quali sono le caratteristiche utili da sviluppare affinché un cambio culturale possa essere agevolato? Quali mentalità sono necessarie per una organizzazione del lavoro?

FLESSIBILITÀ                                                                             AUTONOMIA                                RESPONSABILITÀ

 

  • Quali le capacità da sviluppare:
    • AUTODISCIPLINA – intesa come capacità di focalizzare gli obiettivi e di autonomia nella gestione del proprio lavoro
    • FIDUCIA – intesa come autoefficacia
    • INTRAPRENDENZA – intesa come proattività rispetto gli obiettivi
    • ESTROVERSIONE – intesa come “essere connessi” rispetto al contesto sentendosi parte di una comunità di un gruppo

Comprendo che questa è solo un punto di vista, ma è altrettanto chiaro che lavorare sul cambio culturale e sullo sviluppo delle risorse umane, è utile a far virare il saper essere di ognuno di noi verso un atteggiamento, un agire volti al nuovo senso di lavorare .

Certo, una prospettiva sul tema necessità più punti di vista ed il senso di questo mio scritto è anche quello di sviluppare un dibattito su un tema così attuale e per questo ringrazio fin d’ora chi vorrà alimentare la discussione con le proprie riflessioni e contributi.

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Amo relazionarmi, amo gli sport di squadra (in particolar modo, il basket) ed amo le sfide. Sono curioso, ma non ficcanaso, e ciò mi porta a conoscere ed imparare cose nuove, ogni giorno. Recentemente, la curiosità di comprendere gli sviluppi dell’’attuale contesto giuslavoristico, mi ha portato ad ottenere la Laurea in Servizi Giuridici per l’Impresa, facoltà di Giurisprudenza. Questo sono io, dopo poco meno di mezzo secolo di vita, dopo l’essere padre, da circa quindici anni, di una splendida figlia e dopo una ventina di anni di esperienza in diverse direzioni risorse umane. Attualmente, oltre al Coordinamento delle attività Normative del personale, nella Direzione Risorse Umane di Atac SpA, ho il piacere di collaborare con il Centro Studi di AIDP con il quale cerco di sviluppare argomenti di attualità. In particolare, ho sviluppato interesse per il tema del “dialogo” inteso come ponte per mettere in relazioni le diversità, con l’obiettivo di trasformarle in risorse, alleanze, sinergie e ove non fosse possibile, di coesistere con esse. Dialogo, nel senso, soprattutto, di saper ascoltare e a tal proposito mi piace ricordare una frase, tratta da un libro di Don Andrea Gallo :“L’importante è tendere l’orecchio oltre le ristrette mura della nostra angusta cerchia dei soliti noti. Dal DIALOGO con i laici, con gli atei, con gli agnostici, con i credenti di altre religioni non possono che nascere curiosità, rispetto tolleranza e amicizia.” Per il futuro? E’ questo lo spirito con cui mi impegno ad approcciare in ogni azione che mi trovo e mi troverò a compiere.

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