Assegno di ricollocazione
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- Scritto da Maurizio Piccinetti
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Ad inizio dell’anno nuovo prenderà il via la fase sperimentale della nuova misura di politica attiva, l’Assegno di Ricollocazione, rivolto a 20.000 disoccupati beneficiari di NASPI.
L’Assegno di Ricollocazione (AdR) è uno strumento che sostiene le persone disoccupate nella ricerca di lavoro con un servizio personalizzato e intensivo di assistenza fornito dai CPI o dagli operatori autorizzati e/o accreditati. Può essere richiesto dalle persone disoccupate che ricevono la NASPI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) la cui durata ecceda i quattro mesi.
La richiesta dell’Assegno di Ricollocazione è volontaria e può essere presentata registrandosi sul portale dell’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) www.anpal.gov.it Entro sette giorni solari dalla richiesta, l’assegno viene concesso o negato (in questo caso con un provvedimento debitamente motivato).
L’ammontare dell’Assegno di Ricollocazione è riconosciuto, a risultato, alla struttura che eroga il servizio di assistenza alla ricollocazione, scelto dal beneficiario ed è graduato in funzione del profilo personale di occupabilità (calcolo del livello di svantaggio cioè della probabilità di non essere occupato). Lo svantaggio è dovuto alle caratteristiche che rendono più probabile la permanenza nella condizione di disoccupazione e non a quelle che determinano il verificarsi della disoccupazione (non il perché una persona è disoccupata, ma cosa la fa rimanere disoccupata a lungo). Le caratteristiche considerate sono sia individuali (genere, età, cittadinanza, titolo di studio, stato di disoccupazione), sia riferite al territorio in cui risiede la persona e quindi alla dinamicità del mercato del lavoro locale (tasso di occupazione, incidenza delle famiglie a bassa intensità di lavoro, densità imprenditoriale).
Il servizio di assistenza, realizzato dalla struttura scelta in un arco di tempo massimo di sei mesi, prevede l’affiancamento di un tutor al beneficiario, destinatario dell’assegno, che deve proporre un programma di ricerca intensiva di lavoro. Il beneficiario deve impegnarsi a svolgere le attività individuate dal tutor e ad accettare le eventuali offerte di lavoro congrue (art.25 del D.Lgs.150/2015). Un eventuale rifiuto ingiustificato infatti farà scattare dei meccanismi di graduale riduzione delle misure di sostegno al reddito (cosiddetti “meccanismi di condizionalità”, come previsto dal su citato decreto legislativo). Nel caso la persona ottenga un’assunzione in prova o a tempo determinato di durata inferiore a sei mesi, il servizio viene sospeso, per riprendere se il rapporto di lavoro non ha avuto esito ulteriore.
Il Ministero del Lavoro definisce i criteri, che definiscono un’offerta di lavoro congrua, sulla base dei seguenti principi:
- coerenza con le esperienze e le competenze maturate (l’esperienza pregressa viene classificata: la “qualifica” così ottenuta deve in seguito combinarsi con la durata della disoccupazione)
- distanza dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico (entro 50 Km dal domicilio del lavoratore e comunque raggiungibile con mezzi pubblici di trasporto in ottanta minuti dal predetto domicilio)
- durata della disoccupazione (più è lungo il periodo trascorso senza lavoro, più la nuova offerta d’impiego può essere distante dall’esperienza pregressa del disoccupato). La durata della disoccupazione viene calcolata a partire dalla data di rilascio della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID)
- retribuzione superiore di almeno il 20 per cento rispetto alla indennità percepita nell’ultimo mese precedente, da computare senza considerare l’eventuale integrazione a carico dei fondi di solidarietà
- durata contratto di lavoro, viene considerata congrua un’offerta che preveda un contratto a tempo determinato pari ad almeno due mesi, anche se l’assunzione non avviene direttamente dal datore di lavoro ma tramite agenzia di somministrazione.
Nella definizione della procedura sopra descritta, si evidenzia una situazione di asimmetria informativa, tra i CPI e i privati accreditati, che potrebbe alimentare un eventuale problema di competizione tra le strutture pubbliche e quelle private. Questo meccanismo potrebbe addirittura minare l’obiettivo di “valorizzare le sinergie tra soggetti pubblici e privati” fissato dal D.Lgs. 150/2015 rendendo più difficilmente applicabile lo spirito collaborativo tra i vari soggetti del sistema e con esso il coordinamento della rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro in carico a ANPAL.
Nel caso specifico ai Centri per l’Impiego viene assegnato il duplice compito di concludere il processo di profilazione e stipulare con il beneficiario il Patto di Servizio, e al contempo, laddove scelto, di erogare il servizio di assistenza intensiva nella ricerca attiva di lavoro. Viceversa ai privati accreditati viene assegnato solo il secondo compito, ovvero quello di erogare l’assistenza intensiva. Questo pone due potenziali problemi, il primo generato da un’eventuale azione di creaming (ovvero la scelta da parte dell’erogatore di servizi dei soggetti beneficiari più facili da ricollocare) da parte di chi esercita la funzione di prima accoglienza, il secondo da una insorgente sperequazione economica tra i soggetti chiamati ad erogare i servizi. Infatti l’importo dell’AdR è, come detto, riconosciuto in toto o in parte, unicamente a risultato occupazionale conseguito (è prevista una Fee4Service di 106,50€ solo se si raggiunge una soglia minima di successi pari al 25%). Pertanto avremo operatori pubblici, garantiti stabilmente nel tempo della loro retribuzione, versus operatori privati, di fatto “precarizzati”, in quanto i risultati economici raggiunti dalle strutture private (che di fatto garantiranno di conseguenza le loro retribuzioni), scaturiranno unicamente dalla ricaduta occupazionale ottenuta. Questo meccanismo, in presenza di un mercato del lavoro poco dinamico, che risente dell’attuale debolezza economica del Paese, rende molto fragile la tenuta dello stesso sistema. Infatti molte, troppe variabili, sono incontrollabili e quindi indipendenti dalla stessa qualità e capacità degli operatori dei servizi per il lavoro. Questo potrebbe avere come conseguenza un alto livello di turn over dei lavoratori nel settore dei SPL, con l’inevitabile abbassamento dei livelli qualitativi, che si formano anche grazie alle esperienze maturate nel tempo, se non la fuoriuscita dalla rete dei servizi per il lavoro, dei soggetti accreditati più piccoli che operano nel campo della intermediazione, disperdendo con essi un patrimonio di esperienze e professionalità.
È pur vero che oggi ha preso il via solo una fase sperimentale dell’AdR, rivolta a soli 20.000 utenti, che permetterà di valutare, a valle della stessa, i risultati; ma è altrettanto vero che alcune Regioni hanno avviato, da oltre un anno, sperimentazioni analoghe riconoscendo una quota a processo, che permette ai soggetti privati, laddove non venga raggiunto il risultato occupazionale nei sei mesi di assistenza, di ottenere un contributo, seppur parziale, alla copertura dei costi di gestione.
In queste Regioni, secondo voi, che dimensione avevano i soggetti privati che in prevalenza hanno garantito la regolare erogazione dei servizi per il lavoro?
“A volte basta sapersi porre delle domande, per trovare la via”