E’ fuggita via per sempre la stabilità?
- Pubblicato in Formazione valore aggiunto
- Scritto da Maurizio Piccinetti
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La stabilità è sfuggita, perduta per sempre o ci stiamo perdendo dietro la sua affannosa ricerca in questi “tempi moderni”?
La riflessione di partenza
Globalizzazione e interdipendenza mondiale hanno contribuito al superamento delle tradizionale sequenza studio-lavoro-pensione con sequenze dove le discontinuità saranno sempre maggiori. Necessitano misure che sostengano le transizioni sempre più frequenti.
Questo è quanto si leggeva nel documento di lavoro, redatto dalla Commissione delle Comunità europee a fine 2009, “Consultazione sulla futura Strategia Ue 2020”.
Le conoscenze si rinnovano con maggiore velocità e le competenze che ne discendono rischiano di essere obsolete in breve termine. La conoscenza di base, ad un livello più alto di istruzione formale, permette alla persona di acquisire più rapidamente le nuove conoscenze necessarie e di conseguenza di padroneggiare le competenze che ne discendono. La laurea quindi tende a perdere il fattore distintivo, strettamente connaturato con la qualifica, come il vecchio modello richiamava, ma assume la caratteristica, assieme all’intero percorso di studi formale realizzato, di offrire una lettura diacronica dei saperi di base acquisiti, dai quali poter partire per realizzare nuovi e continui percorsi di acquisizione di conoscenza.
Questo permette alla persona di aggiornarsi o riqualificarsi in tempi più brevi, padroneggiando gli strumenti di base necessari alla lettura della complessità, e di possedere capacità di autoaggiornamento favorito dal veloce interscambio che deriva dall’economia digitale.
Ma per migliorare l’incontro domanda offerta dobbiamo creare le condizioni per una maggiore mobilità.
Purtroppo questo rischia di essere un paradosso visto come è (mi piacerebbe poter utilizzare il verbo essere coniugato nel tempo imperfetto, ma rimane ancora adesso un desiderio) organizzato il nostro mercato del lavoro e la nostra società.
La strategia UE 2020 chiede ai paesi membri di incentivare una “cultura imprenditoriale” ispirata ad un atteggiamento più positivo verso il rischio e dalla capacità di innovare, ma ammonisce che devono essere rimossi gli ostacoli rappresentati dalla disparità di trattamento dei sistemi previdenziali con il mancato riconoscimento degli stesi diritti sociali e pensionistici goduti dai lavoratori dipendenti.
In questo scenario cosa vuol dire favorire l’incontro domanda e offerta?
Come si può evitare che la flessibilità richiesta o imposta che sia, dal mutato scenario economico mondiale, a cui non possiamo sottrarci, diventi un elemento di instabilità sociale?
Come valutare e valorizzare la discontinuità delle esperienze e al contempo essere in grado di offrire politiche attive efficaci ed in tempi rapidi?
La Garanzia Giovani ad esempio è un modello che va verso questa direzione, ma nella pratica sta producendo gli effetti desiderati?
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