Da remoto, Con-tatto #Covid-19

Stanotte di prima mattina giravo nel letto e all’improvviso ho avuto una immagine chiara. Negli ultimi tre / quattro giorni il mio (ma direi anche il “nostro”) comportamento antropologico è cambiato. Le indicazioni del Ministero della Salute a titolo precauzionale per il contagio del Covid-19 ci hanno chiamato a trattenerci dalle nostre abitudini -Italiane- a dare la stretta di mano, abbracciarci, baciarci. Inoltre la metodica di diffusione aerea del virus porta a proteggere bocca, naso e occhi con mascherine, sciarpe, fazzoletti soprattutto se si è raffreddati o con tosse. In pratica un isolamento forzato che tiene a distanza il nostro simile.

Per conseguenza poi logistica del pericolo di diffusione siamo stati costretti ad incentivare -se non delocalizzare del tutto- le nostre attività lavorative da remoto; da casa o luoghi protetti. Qui la padronanza e la conoscenza dei mezzi digitali ci ha indubbiamente aiutato: è stato agevole fare lo switch e creare delle camere virtuali dove fare riunioni e meeting.

Erano le 6 di mattina e non mi sono più riaddormentata: ma come? Ci adoperiamo per fare in modo che le nostre organizzazione siano smart, iperconnesse, agili… e poi? Ci sentiamo smarriti. Ci accorgiamo all’improvviso che il contatto umano (che ora ci viene limitato e ristretto ad ambiti intimi) è per noi vitale. Tutta questa connessione in cui siamo immersi e di cui sembriamo non riuscire più a far meno non ci ha tolto l’indole aggregativa ed empatica che ci contraddistingue! (e qui un -italiani- ci sta’ bene come elemento caratterizzante!?!). E’ una delle considerazioni positive che possiamo leggere in questo momento di dispersione totale. Bene alle aziende che in velocità hanno trasmigrato molte delle attività dei propri dipendenti nel loro domicilio (anche i giornalisti si fanno le interviste da casa) ma ancora più “Bene” vedere che ci sentiamo però Soli.

Il nostro vicino ci serve, ci definisce, ci da contorni nel momento cui cui gli stringiamo la mano e ci abbraccia. La distanza forzata (che a volte può portare il rischio della discriminazione e giudizio) ci ha fatto vedere con ancora più chiarezza la nostra interdipendenza e l’importanza delle relazioni come linfa di vita.

La tecnologia ci aiuta e ci fa evolvere ma nelle situazione come questa che stiamo vivendo è l’umanità e la sensibilità di cui abbiamo prioritariamente bisogno.  Un messaggio Whatsapp o una foto Instagram trasportano i nostri pensieri ma non toccano e scaldano la nostra pelle.

E’ una constatazione che rassicura e rafforza.

Posso anche alzarmi e cominciare la giornata sapendo che come me, oggi, tante altre donne e uomini sentiranno lo stesso bisogno e le stesse paure; mentre leggono la casella di posta elettronica.

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Il giorno successivo alla mia laurea in giurisprudenza sapevo già che lavoro avrei “dovuto” fare: lavorare con e per le “Persone”. Lo sentivo forte e chiaro! Le specializzazioni dei master, la prima esperienza nell’area HR di una grande azienda, il lancio nel nuovo mondo dell’interinale…. Un percorso che si è disegnato giorno dopo giorno! La scoperta del valore della Diversità’ per le organizzazioni e dell’entusiasmo nel crescergli accanto; ma soprattutto seguire i percorsi di crescita delle persone che incontro ogni giorno. Tutto questo mi ha formato verso una professionalità aperta, pronta al confronto e costruttrice di reti di interessi. Perché la donna e la professionista che sono oggi e che sarò domani e frutto anche di tutti gli incontri avuti e che avrò: nella mia storia c’è un grazie ad ognuno di loro!

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