Rappresentanza, dialogo tra sordi
- Pubblicato in Gestione risorse umane, Strumenti per il mio lavoro
- Scritto da Corrado Cingolani
- Commenta
- Articolo letto 2.635 volte
- Permalink
Quale importanza hanno le relazioni nel mondo del lavoro, oggi che l’innovazione nei processi e nell’organizzazione ha il sopravvento nel catturare l’interesse dei media e soprattutto degli esperti del settore?
In particolare intendo le Relazioni Industriali, un termine che sembra così desueto, se si pensa ai più attuali smartworking, work life balance, engagement, etc. etc..
Volendolo “inglesizzare” la terminologia, non credo che “Industrial Relations” evochi un’immagine più accattivante rispetto a ciò che ci si immagina pensando al Diritto Sindacale.
Eppure sempre di relazioni si tratta, relazioni tra gruppi di interesse e pertanto alla base del viver quotidiano di ogni essere umano.
Particolari, perché specifiche del mondo del lavoro e perché si riferiscono ad interessi contrapposti, pur sempre però, sistemi di confronto dove solo il Dialogo può essere il terreno più adatto per il raggiungimento di buone intese: la contrattazione.
Qualche giorno fa, ho letto un articolo del Sole24h, del quale ho parafrasato il titolo “Contratti, dialogo tra sordi”.
Mi verrebbe da dire che il giornalista è stato fin troppo ottimista, tra sordi c’è comunque un modo di dialogare, non c’è comunicazione, invece, quando non si vuole dialogare!!
Come sottolineavo nell’ articolo di inizio anno “T.U. sulle rappresentanze del 2014”, con il quale provavo a rappresentare lo spirito con cui avevo schematizzato il Testo Unico sulle Rappresentanze Sindacali (Manuale n. 3/2014 – Centro Studi AIDP), sono convinto assertore dell’importanza del dialogo, inteso come ponte per mettere in relazioni le diversità, dialogo inoltre, come modalità di scambio reciproco di interdipendenza è perfino di conflittualità, quella sana che smuove le acque e genera nuovi dinamismi.
Da qui l’importanza delle relazioni industriali , specifico dialogo, quale contesto normativo dei rapporti tra interessi organizzati, negli aspetti strutturali e nei loro effetti sugli equilibri politici, economici e sociali.
Proprio oggi, mentre sto cercando di rendere decifrabili le riflessioni appuntate in questo “foglio word”, è scoppiata sui media la bomba dei contratti, la Confindustria dichiara “Sui contratti capitolo chiuso”, la Fiom “Pronto (Landini) a occupare le fabbriche per difendere il lavoro” ed in ultimo, ma non per ultimo, il Governo “Renzi pronto alla riforma dei contratti collettivi: i “collettivi” sostituiti dal salario minimo”.
Tra l’oltranzismo del sistema francese e il carattere compartecipativo di quello tedesco, i cui ultimi esempi non sono certo edificanti (leggi crisi Volkswagen e Air France), il sistema di concertazione italiano è oramai dimenticato, come lo sono le relazioni industriali, chiusi come la “sala verde” nella quale gli incontri sul tavolo, a tre gambe, erano utili alla composizione del conflitto ed avrebbero, oggi, potuto realizzare una situazione di posizioni condivise, dove la contrattazione di primo livello avrebbe rappresentato la cornice definita dalla parti sociali, nel cui ambito la contrattazione decentrata avrebbe avuto l’opportunità di utilizzare tutti gli strumenti innovativi per efficientare i processi e migliorare la vita dei dipendenti; in questo contesto il Governo avrebbe potuto realizzare delle reali politiche attive per il mondo del lavoro.
Questo uso di condizionali, comporta smarrimento, in un epoca in cui la “rappresentanza” ha perso quasi tutto il suo potere contrattuale e dove l’azione dell’Esecutivo tende a soluzioni normative, come l’ultima integrazione dei beni culturali, nell’ambito della legge 146/90 (modificata con la legge 80/2000) relativa alla normativa del diritto di sciopero nei settori – servizi pubblici essenziali.
Sicuramente, siamo in presenza di una forte crisi di rappresentanza, in cui organizzazioni datoriali e sindacali non hanno la giusta velocità per stare al passo con i tempi e per gestire la frattura del sistema per il quale è necessario cambiare rotta, lasciare i paradigmi del periodo industriale, costruendone altri su concetti innovativi e partecipativi.
Oggi non è più concepibile la “lotta di classe”, l’allargamento del sistema, il venir meno della dualità capitalista/proletario in un contesto globalizzato, necessitano di Dialogo Sociale utile per la realizzazione di accordi volti a sistemi di governance, in cui tutte le parti possano sentirsi attivamente coinvolte nella realizzazione degli obiettivi comuni.
Per dirla in termini più attuali in una “logica WIN-WIN” dove il raggiungimento del risultato fa si che tutti gli attori siano vincenti.
Certo, tutto auspicabile, ma … siamo pronti???